Obiettivo primario dell’istruzione cubana è il miglioramento delle condizioni socioeconomiche del paese e del suo popolo, così come già nel XIX secolo aveva suggerito l’intellettuale e rivoluzionario cubano Josè Marti:
”Il programma educativo – diceva- deve iniziare dalla scuola primaria e finire con l’università sempre legato ai tempi, allo stato ed alle aspirazioni dei paesi in cui si insegna.”
Fin dal primo momento della vittoria della Rivoluzione, nel gennaio del 1959, l’eliminazione dell’analfabetismo è stata una delle fondamentali priorità di Cuba, che è riuscita, negli anni, a mettere in piedi uno dei più avanzati sistemi educativi oggi esistenti finalizzandolo al benessere della società. La differenza tra Cuba e la quasi totalità dei paesi del mondo è data dal fatto che considera l’istruzione come parte integrante della rivoluzione sociale, un modo per formare “l’uomo nuovo” multilaterale ed armonico, unificandolo nell’insegnamento intellettuale, scientifico-tecnico, politico-ideologico, fisico, morale, estetico, lavorativo e patriottico-militare. Per raggiungere questo obiettivo così impegnativo, la scuola non può limitarsi a nozioni e conoscenze, ma deve “insegnare a studiare”, “insegnare a fare ricerca”, introdurre la “necessità di sapere”.
Prima della Rivoluzione l’istruzione a Cuba era impostata come nella gran parte degli altri paesi del mondo. Nel 1728 era nata la Reale e Pontificia Università de L’Avana, nel 1947 l’Università d’Oriente e nel 1952 l’Università Centrale de Las Villas. Le facoltà prevalenti erano quelle umanistiche ed i metodi d’insegnamento erano passivi e mnemonici.
Immediatamente dopo il trionfo della Rivoluzione è stato dichiarato il carattere gratuito e democratico dell’istruzione per tutti. C’è stato un impegno capillare per garantire massivamente la scolarizzazione di base per giovani e bambini. Questo obiettivo primario è stato conseguito quasi totalmente nel 1970, mentre già dal 1962, il Governo Rivoluzionario aveva cominciato la Riforma Universitaria con la quale ristruttura completamente il sistema universitario creando le basi della ricerca, nuove facoltà, un sistema di borse di studio e stabilendo relazioni tra lo studio ed il lavoro, cosa che è presente anche negli altri livelli del Sistema Nazionale d’Istruzione. Inizialmente sono stati istituiti dei corsi universitari per lavoratori e poi, tra il 1972 e il 1976, sono state aperte un numero significativo di sedi e filiali dipendenti dalle tre università con l’obiettivo di estendere l’istruzione superiore a varie regioni del paese. Nel 1976 nasce anche il Ministero dell’Istruzione Superiore al fine di ristrutturare profondamente in tutto il paese l’insegnamento universitario.
L’obiettivo primario di soddisfazione delle necessità collettive e sociali non vive in contraddizione con l’attenzione che il sistema educativo cubano dedica alle capacità ed alle attitudini individuali specifiche degli allievi. Ci sono infatti anche diverse tipologie di scuole specializzate che permettono ai ragazzi di frequentare corsi di studi legati alle loro personali attitudini: Scuole di avviamento Sportivo Scolastico, Scuole professionali d’arte, Scuole di scienze esatte ecc. , che, oltre alle materie d’istruzione comuni, forniscono ai giovani la possibilità di esprimere ed esercitare i propri individuali talenti. Nello sport l’eccellenza cubana a livello mondiale è infatti dovuta a questa impostazione scolastica.
Per mantenere ed accrescere costantemente questi elevati livelli di qualità dell’insegnamento, a cominciare da quello primario, naturalmente è indispensabile mantenere un adeguato rapporto numerico tra docenti e alunni nelle classi per permettere che tutti siano seguiti al meglio. Attualmente infatti, nella scuola primaria, ci sono fino ad un massimo di 20 bambini per classe e nella secondaria un massimo di 15. In assoluta controtendenza rispetto a quanto accade nelle nostre scuole di ogni ordine e grado. Per ottenere ciò hanno formato inizialmente 60 mila docenti individuati per bando. Gli aspiranti hanno studiato un anno in un centro di formazione con regime di internato per abilitarsi rapidamente ed essere al secondo anno in condizioni di dividere il loro tempo tra la formazione e l’esercizio dell’insegnamento, guidati da un tutor.
Però il numero limitato degli allievi non garantisce di per sé la qualità dell’insegnamento, che è invece attentamente costruita in appositi centri di formazione docenti (due nella capitale e uno in ogni provincia) dove si svolgono corsi quinquennali da cui gli insegnanti escono con il posto assicurato. Negli anni ’70 la graduatoria di questi docenti scorreva in base alle loro preferenze ed alla media dei voti universitari. Oggi la situazione si è evoluta e, per garantire la stessa qualità d’istruzione a tutta la popolazione, si inviano i docenti più preparati nelle provincie più carenti.
Per innalzare il livello della crescita sociale, l’università cubana ha instaurato con il mondo del lavoro un legame strettissimo, perché, a Cuba, sono le esigenze della società a determinare i rapporti con le realtà produttive e a individuare la necessità di sviluppo di alcuni settori piuttosto che di altri, sia nella ricerca che nell’università, non accade come per le cosiddette “riforme universitarie” in Italia, Cile, Colombia ecc. il cui vero scopo è quello di fornire quasi gratuitamente laboratori di ricerca con annessa manodopera a industrie e potentati vari. Infatti nell’università cubana sono stati addirittura creati apposito gruppi e centri di ricerca mirati all’individuazione delle problematiche dei territori, a conferma del concetto base (da noi qua abbastanza sconosciuto …) che l’istruzione, la ricerca, il lavoro e lo studio del territorio devono essere finalizzati alla soluzione dei problemi socio economici della collettività che li abita e non guidati dall’interesse privato e dal desiderio di profitto di singoli e lobbies.
Attualmente l’università a Cuba conta circa 150.000 studenti (contro i 15.000 del periodo prerivoluzionario), 23.000 professori e i laureati sono il 5% della popolazione. L’università cubana è basata sul principio che non ci può essere sviluppo dell’istruzione superiore senza la ricerca e che la ricerca e lo sviluppo scientifico sono prerequisiti fondanti e indispensabili dello sviluppo sociale. È per questo che i docenti e gli stessi studenti si fanno carico di alzare il livello e la qualità dell’insegnamento: per meglio contribuire al miglioramento delle condizioni socio economiche del proprio paese.
Per monitorare il livello individuale dell’insegnamento, è stato messo a punto dal Prof. Héctor Valdés ( Direttore dell’Istituto Centrale di Scienze Pedagogiche della Repubblica di Cuba) un complesso e articolato sistema di valutazione ed autovalutazione dei docenti, eseguito mediante schede, che evidenzia la quantità e qualità dell’impegno profuso dal docente durante lo svolgimento del proprio lavoro. Il professore che fosse valutato negativamente in base a questo sistema, deve seguire per un anno, mantenendo il suo regolare stipendio, un corso di riqualificazione e superare un esame finale. Qualora non lo superi lo si allontana dall’insegnamento e gli si offre un altro tipo di lavoro sempre nel settore educativo. Solo una percentuale bassissima (tra l’1 e il 3%) non supera l’esame ed esce dal circuito.
Tutti questi accorgimenti, ma, soprattutto, l’assoluta priorità che Cuba del dopo Rivoluzione ha dato in generale all’istruzione, ne hanno fatto un suo elemento di eccellenza per il quale non mancano i riconoscimenti ufficiali di accademici di altri paesi, come, ad esempio, il 15 e16 novembre scorso in un incontro internazionale in Bolivia su Istruzione Alternativa e Speciale, Cuba è stata citata per essere il laboratorio di migliore qualità e risultati a livello mondiale in particolare sull’istruzione e l’integrazione dei disabili.
L’alta qualità riconosciuta del suo insegnamento ha fatto sì che, nella nuova tipologia di scambio impostata dall’alleanza dell’ALBA, Cuba fornisce insegnanti d’eccellenza, oltre che medici (laureati dalle sue ottime università) ricevendo in cambio petrolio e altri beni a prezzo politico e non di mercato, in uno scambio radicalmente alternativo alle leggi del profitto ma che ponga al centro le modalità di uno sviluppo autodeterminato a compatibilità socio-ambientale incentrato sulla reciprocità solidale dalla parte dei popoli e non dei potentati economico-finanziari.
Tutto questo, purtroppo, è lontano anni luce dal modo di pensare istruzione, educazione, società, economia ecc. dei nostri paesi occidentali (anche se all’Italia in particolare spetta una indiscussa maglia nera nell’istruzione e ricerca). Sembra però che ormai i nostri ragazzi stiano acquisendo chiarezza circa l’impossibilità e l’improponibilità di perpetuare, anche nell’istruzione, i vecchi modelli ultraliberisti che vedono nella privatizzazione la panacea di tutto, mentre, viceversa sono la causa del fallimento del sistema educativo. Speriamo quindi meglio per il futuro, che non sarà però forse quello più prossimo, dal momento che il neo premier Monti fin da subito ha dichiarato il suo apprezzamento nei confronti della “riforma Gelmini”…….
A cura della Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti.
INTERVISTA DI RADIO CITTA’ APERTA A PADRE ANTONIO TARZIA, Presidente dell’Associazione Cassiodoro e Direttore della rivista Jesus, che con il prof. Luciano Vasapollo, Direttore della rivista Nuestra America e Vice Presidente del Comitato Italiano giustizia per i cinque, ha partecipato all’udienza papale avvenuta il 14 dicembre e consegnato una lettera a Papa Benedetto XVI: “i nostri Cinque fratelli soffrono ingiustamente detenuti da 13 anni nelle carceri statunitensi per aver difeso Cuba dal terrorismo”.
La scelta di portare la questione dei Cinque antiterroristi cubani all’interno della comunità cattolica e delle parrocchie è la risposta all’esigenza, “espressa anche dai familiari dei Cinque durante un nostro recente viaggio a Cuba – ha spiegato il Prof. Vasapollo – di lavorare per sensibilizzare l’intera società civile per la soluzione di un caso politico che ha forti risvolti sul piano giuridico, sociale ed umano; un coinvolgimento che ha riscontrato un’attenzione particolarmente impegnata proprio nel mondo cattolico di base, come ha dimostrato l’intensa partecipazione di molti parrocchiani alle nostre iniziative durante tutto l’anno, che a loro volta hanno potuto informare tanti loro parenti, amici e aderenti alle loro comunità”.
Si è quindi conclusa il 15 dicembre, con una Tavola Rotonda presso la Parrocchia San Luca Evangelista di Roma, la Campagna 2011 “Il 5 per i 5”, promossa dal Comitato Internazionale per la liberazione dei patrioti cubani e tenuta in varie parrocchie della capitale e di altre città italiane dall’Associazione e rivista “Nuestra America”, con il fine di sensibilizzare la società civile del nostro Paese sul tema dei cinque agenti cubani, ingiustamente detenuti nelle carceri statunitensi da oltre 13 anni.
All’iniziativa, introdotta e coordinata dal prof. Luciano Vasapollo, dell’Università La Sapienza di Roma, Direttore di Nuestra America e Vice Presidente del “Comitato Italiano Giustizia per i 5”, hanno partecipato come relatori Padre Antonio Tarzia, Direttore della rivista Jesus, il Prof. Furio Pesci, dell’Università La Sapienza di Roma, il Dott. Vladimir Perez, consigliere politico dell’Ambasciata di Cuba in Italia, Don Carlo Villano, parroco di S. Luca Evangelista di Varcaturo a Giuliano (Napoli), il Dott. Pino Baldassarri, dell’Associazione Maurizio Polverari, Mons. Remo Botola, parroco di S. Luca Evangelista; erano presenti rappresentanti di varie comunità cattoliche di base e associazioni di solidarietà, tra cui Franco Forconi, segretario del Circolo Italia - Cuba di Roma “Julio Antonio Mella” e Vice Presidente del Comitato Italiano Giustizia per i Cinque.
La chiusura del processo “kafkiano”, come lo ha definito il Prof. Furio Pesci, che ha portato a pesantissime condanne per i Cinque agenti Gerardo Hernández, Ramón Labañino, Fernando González, Antonio Guerrero e René González, ha consegnato la sorte dei Cinque alla procedura straordinaria dell’ Habeas Corpus, un’opportunità che viene offerta, solo una volta, ai condannati dopo aver esaurito, senza successo, tutti i ricorsi d’appello. Rimane aperta in ogni caso la strada di una decisione favorevole alla loro liberazione che resta di piena facoltà del Presidente degli Stati Uniti.
Nel comunicato l’Associazione e rivista Nuestra America afferma che “la manipolazione giudiziaria, condotta in assoluta mancanza di rispetto delle basilari norme del diritto internazionale, ha prodotto sentenze ingiuste e ingiustificabili, confermate purtroppo recentemente anche in sede di appello e di giudizio definitivo. La volontà politica di colpire, attraverso l’accanimento contro i 5 eroi cubani, l’indipendenza e l’autodeterminazione di Cuba è dimostrata anche dalla protervia nel mantenere la sede giudiziaria a Miami, in Florida, dove ha sede la direzione della centrale terroristica e della comunità mafiosa cubano-americana. A questo punto, l’obiettivo primario per porre fine a una vicenda di ingiustizia non più tollerabile, è quello di indurre il Presidente degli Stati Uniti a usare subito i poteri che le leggi USA gli conferiscono per concedere la grazia e riconsegnare la libertà ai 5 compagni cubani. Ma perché ciò avvenga – prosegue il comunicato di Nuestra America - devono moltiplicarsi gli sforzi perché si determini una pressione internazionale sul Presidente USA e questo sarà possibile solo se oltre all’associazionismo solidale, alle organizzazioni e ai partiti politici scenderanno in campo ampi settori della società civile, dell’associazionismo di base e delle comunità cristiane sensibili alla salvaguardia dei diritti umani”.
E’ in tale contesto che assume una particolare importanza il passo compiuto il 14 dicembre, quando l’Associazione “Cassiodoro”, presieduta da Padre Antonio Tarzia, con la presenza del Prof. Luciano Vasapollo ha partecipato all’udienza con Papa Benedetto XVI.
Così Padre Tarzia ha raccontato la giornata in una intervista concessa a Radio Città Aperta e durante la Tavola Rotonda: “Il Papa ieri mi ha dato un’udienza per un gruppo di un’associazione che abbiamo costituito, che si chiama Centro Culturale Cassiodoro, un’associazione culturale che è nata attorno a questo personaggio del V secolo, fondatore di monasteri in Europa, di un’università, un consigliere dei papi, Ambasciatore a Bisanzio, un personaggio molto nobile; siamo andati in molti a trovare il Papa, con cui mi lega una profonda amicizia da tanti anni, e gli abbiamo dato dei nostri regali, una medaglia su Cassiodoro, un calice per il suo 60esimo di messa, dei libri su Cassiodoro e un opuscolo sui Cinque, chiedendo a Sua Santità una preghiera, un ricordo per questa sofferenza atroce per le famiglie dei Cinque. Un bel gesto, considerando che il Papa nell’introduzione a questo incontro multietnico, ha parlato di un viaggio che farà in Sudamerica e ha accennato anche al fatto che dovrebbe passare anche per Cuba. La sensibilità per la questione dei Cinque – ci ha detto ancora Padre Antonio Tarzia - sta crescendo nel mondo, e anche nel mondo cattolico, che si è sempre preoccupato per gli altri. Speriamo così che per i cinque amici cubani torni la pace, la serenità, la libertà”.
Padre Tarzia nel suo intervento alla Tavola Rotonda non ha mancato di fare riferimento ai suoi incontri con Fidel Castro: “quando ho incontrato per la prima volta Fidel mi ha raccontato alcune vicende della sua giovinezza, dicendomi “quando sono sceso dalla Sierra avevo tre corone di rosario al collo”. Quando Castro parla, incanta – ha proseguito Padre Tarzia, aggiungendo – è sempre stato il suo modo di fare. Castro mi disse anche “inviterò Papa Giovanni Paolo II all’Avana e il Papa verrà perché ama la gente”. Lo disse nel libro che ho pubblicato su Fidel dal titolo “La mia fede”, e dopo 6 anni il Papa è andato a Cuba. Dopo la morte di Papa Giovanni Paolo II abbiamo curato una mostra a Cuba cui demmo il titolo, che a Fidel piacque molto, “Papa Wojtyla torna a Cuba”. A distanza di anni, oggi con convinzione ci occupiamo della questione dei Cinque”.
Padre Tarzia racconta, ancora: “quando Luciano Vasapollo mi ha parlato della questione dei Cinque agenti cubani subito mi sono messo a disposizione: ieri c’era l’occasione dell’udienza che il Papa ha subito concesso, vista la profonda amicizia che ci lega (ho pubblicato 13 libri di Ratzinger quando era cardinale e 3 da Papa) e abbiamo pensato con Luciano di preparare qualcosa sui Cinque per il Papa di modo che abbia presente nelle sue preghiere la sofferenza atroce di questi cinque soldati in prigione e delle loro famiglie. Così con Luciano, nella battaglia “Il 5 per i 5” – ha proseguito Padre Tarzia – abbiamo pensato di coinvolgere Sua Santità che ha detto che andrà a Cuba e quindi siamo certi terrà conto della sofferenza dei Cinque agenti cubani”.
Nella lettera del Prof. Vasapollo consegnata a Papa Benedetto XVI si sottolinea in particolare “la lunga battaglia di solidarietà per la liberazione dei Cinque fratelli cubani che soffrono ingiustamente detenuti da 13 anni nelle carceri statunitensi per aver difeso il proprio Paese dal terrorismo”, con la rispettosa richiesta di “una preghiera di Sua Santità per porre fine alla sofferenza dei Cinque fratelli cubani e dei loro familiari”.
Proprio nei giorni scorsi il Granma dava la notizia che nei prossimi mesi, tra fine marzo e i primi di aprile, Papa Benedetto XVI andrà in visita in Messico e poi a Cuba, come sottolineato anche da Padre Tarzia. Una visita che – come ha detto il Prof. Vasapollo “si auspica possa aprire un serio spiraglio alla soluzione di questo caso dei Cinque che oltre a rappresentare una palese aggressione politica contro la sovranità di Cuba, è un incredibile esempio di ingiustizia giuridica, sociale e umana, giustificata solamente da quelle stesse oppressive ragioni politiche che da 50 anni i diversi governi statunitensi utilizzano come risposta al giusto percorso di autodeterminazione del popolo cubano”.
Ha concluso l’incontro il consigliere politico dell’Ambasciata di Cuba in Italia, Vladimir Perez, che ha ricordato che il caso dei Cinque “è ormai tutto nelle mani del Presidente USA e Premio Nobel per la Pace Barack Obama”.
Durante la Tavola Rotonda è stata presentata la mostra fotografica a cura di Nuestra America, della casa editrice Natura Avventura e del Comitato italiano giustizia per i cinque, con bellissime e significative foto di Yailín Alfaro Guillen (disegnatrice e fotografa cubana) che documenta il coinvolgimento della società civile di Cuba sul “caso dei cinque”.
La Campagna per la liberazione dei Cinque non finisce qui: “Nuestra America – promette - che con rinnovata convinzione proseguirà nel prossimo anno il lavoro di sensibilizzazione e di denuncia dell’insostenibile protrarsi dell’ingiusta detenzione dei nostri fratelli cubani, nell’ auspicio che il 2012, coinvolgendo sempre di più settori sociali, sindacali e del movimento dei lavoratori possa finalmente riportarli alla libertà e alla ricongiunzione con i propri cari e la propria patria”.
Mila Pernice per Radio Città Aperta