7 novembre 2011
Il 27 ottobre passerà alla storia del Venezuela come il giorno in cui per la prima volta è stata approvata una legge pensata, germogliata e messa in moto dal movimento popolare.
Si tratta della legge per la regolamentazione e controllo degli affitti delle abitazioni, che, come elemento nevralgico dichiara l’abitare come diritto umano fondamentale.
La Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela – fatta nel 1999 dopo l’arrivo di Hugo Chávez al governo – contempla all’articolo 204 la possibilità del procedimento di formazione di leggi d’iniziativa popolare. Sono necessarie le firme di almeno lo 0,1% degli iscritti nel registro elettorale per presentare una proposta di legge.
Data questa opportunità, alcuni movimenti popolari hanno colto l’occasione e nel giugno del 2010 hanno iniziato a lavorare alla redazione di uno strumento legale che provi a combattere le grandi mafie immobiliari e a porre freno agli abusi di molti padroni di casa. La Rete Metropolitana degli inquilini (che fa parte del Movimiento de Pobladores) e i fronti degli Inquilini degli Stati di Mérida, Carabobo e Aragua hanno buttato giù una prima bozza e in gennaio di quest’anno, in un noto incontro del Movimiento de Pobladores con Chávez, il presidente ha benedetto l’iniziativa e li ha incentivati a presentarla. Per di più ha approvato immediatamente un decreto che proibisce gli sfratti arbitrari.
Il 2 febbraio il progetto è sceso in strada alla ricerca delle 17.400 firme necessarie; dopo 10 giorni già se n’erano raccolte 498 mila. Si sono organizzate varie giornate pubbliche di dibattito nelle piazze di tutti gli stati del paese finché la proposta è arrivata all’Assemblea Nazionale (l’organo parlamentare unicamerale) per continuare il dibattito prima nella Commissione di Amministrazione e Servizi Pubblici e nelle ultime settimane nel recinto.
Ana Marina Rodríguez, referente della Rete Metropolitana degli Inquilini, ha relazionato a Marcha: “La discussione è stata una valanga di partecipazione, di costruzione collettiva, di osservazioni, di apporti, critiche… È stato commovente vedere il popolo diventare creatore delle sue stesse leggi”.
Diritto Mercanzia
La legge ordina la creazione della Sovrintendenza Nazionale per gli Affitti e le Abitazioni, organismo che s’incaricherà di fissare i prezzi degli immobili e, in base a questi, il giusto valore dei canoni d’affitto; si andrà anche verso l’ispezione e fiscalizzazione degli immobili, a elaborare i contratti tipo e a determinare le infrazioni e le sanzioni. Inoltre, la normativa stabilisce il sostegno giuridico e amministrativo delle inquiline e inquilini per mezzo di un Difensore Pubblico.
“La cosa principale è che la legge dichiara l’abitare come diritto umano – ha sottolineato Rodríguez -. Puntiamo a equilibrare la relazione proprietario-affittuario e colpiamo su un punto centrale: le grandi corporazioni e camere immobiliari, quel grande monopolio che gestisce tutto il mercato degli affitti”.
Anche il deputato governativo Claudio Farías, componente della commissione che ha trattato il tema, ha spiegato le implicazioni del nuovo quadro giuridico: “L’80% del mercato immobiliare è controllato da 12 famiglie. Ora si vanno a toccare gli interessi di questi grandi gruppi “multi-affittatori”, si attacca alla radice la logica capitalista della speculazione immobiliare. La legge pone fine alla mercantilizzazione dell’abitare”.
Abbaiano Sancho…
Il progetto ha generato un forte rifiuto da parte della destra politica e imprenditrice del paese. “E’ una legge comunista che distrugge la proprietà”, ha sentenziato, senza eufemismi la deputata María Corina Machado (per di più pre-candidata presidenziale con la sua proposta di “capitalismo popolare”).
Per la portavoce della Rete di Proprietari di Abitazioni in Affitto, María Navarro, la normativa “è punitiva, appoggia l’insolvente e castiga l’uomo lavoratore e risparmiatore che è riuscito ad acquistare due o tre case quali mezzi di sussistenza per la sua famiglia”. Anche Fernando Castro, rappresentante dell’organismo imprenditoriale Federcamere, si è lamentato: “E’ un sequestro della proprietà privata e non somiglia a nessuna legge dei paesi democratici del mondo”.
Tuttavia, solo l’articolo 138 contempla la possibilità di esproprio dell’immobile. Ed è vigente solo per quei proprietari che hanno più di cinque abitazioni che incorrano tre volte nella stessa mancanza.
Circa la posizione delle deputate e deputati d’opposizione, Ana Marina Rodríguez si è pronunciata: “Non potevamo aspettarci nulla di diverso, veramente sarebbe stato preoccupante se avessero applaudito la legge; se i cani abbaiano, stiamo andando per la strada giusta”.
Rodríguez mostra con orgoglio la vittoria popolare: “Quando ci siamo spinti a fare questo sogno ci dicevano che eravamo degli utopisti, che le mafie immobiliari sono troppo potenti, però abbiamo detto <<siamo in rivoluzione, siamo militanti di questo processo e non ci arrendiamo>>. Così siamo riusciti ad essere l’unico paese del mondo con tale avanzamento in materia di diritto abitativo, anche se non si deve dimenticare che è stato il prodotto della lotta popolare”.
Le politiche imperialiste del Fondo Monetario Internazionale e la candidatura di Henrique Capriles Radonski
nuestra americadella redazione di Nuestra America
4 marzo 2012
Il 12 febbraio si sono svolte in Venezuela le primarie dell'opposizione riunita nella Mesa de la Unidad Democrática che, nata nel 2007 per unificare l’opposizione frammentata, comprende una ventina di partiti e movimenti.
Al termine del conteggio dei quasi 3 milioni di voti espressi, Henrique Capriles Radonski ha vinto col 63%, pari a un milione 806 mila voti. Trentanovenne, di famiglia ricca ed imprenditoriale, proprietaria di catene di cinema, Henrique Capriles Radonski, ex vicepresidente del Congresso, ex sindaco di Baruta, è governatore dello stato di Miranda, confinante con la capitale Caracas, il secondo più popoloso del Venezuela.
Sarà quindi lui a sfidare il presidente Hugo Chávez alle elezioni presidenziali del 7 ottobre, per cercare di impedirgli il quarto mandato a Palacio Miraflores.
“Oggi ha vinto il futuro del Venezuela”, ha gridato dal palco Henrique Capriles Radonski subito dopo l’ufficializzazione della vittoria alle primarie, in un discorso teso a ricostruire l'unità del paese, senza mai nominare il presidente Hugo Chávez. Ed è questa la sua tecnica oratoria. Parlare del Venezuela, cercando per quanto possibile di non nominare l'attuale presidente,
Secondo Jesse Chacón, il presidente dell’agenzia di sondaggi GIS - Grupo de Investigación Social XXI, la campagna elettorale di Capriles Radonski “si manterrà a livello simbolico: il progresso, la pace, la sicurezza, perché qualunque discesa per discutere i programmi, discutere i concetti, la politica e l’ideologia, lo metterà di fronte all'uomo più importante della politica venezuelana. In questo campo non batterà Chavez.”
Su questo aspetto dell’assenza di proposte concrete o definizioni ideologiche, concorda anche Oscar Schemel, presidente dell’altra agenzia di sondaggi Hinterlaces, secondo il quale la mancanza di discorso dello sfidante della destra ha conseguenze palpabili: "Capriles è un giardino senza fiori che non riesce a mettersi in contatto con la maggioranza” infatti “benché il 46% dei venezuelani pensi che l’opposizione abbia buone idee per i poveri, solo il 25% si identifica con i suoi ideali […] mentre più del 60% ha un riconoscimento di gestione molto alto per il presidente Hugo Chávez.”
In un recente articolo pubblicato su Tribuna Popular, organo del Comitato Centrale del Partito Comunista Venezuelano, Rafael Enciso economista investigatore individua in Capriles Radonski il candidato della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale, dell’Organizzazione Mondiale del Commercio – cioè degli strumenti dell’imperialismo - alle elezioni presidenziali in Venezuela e fa un’approfondita analisi economica degli antecedenti delle politiche che questi organismi chiedono di eseguire al candidato.
Le politiche neoliberali del FMI, imposte con maggior forza a partire dal cosiddetto “Consenso” di Washington nel 1994 dopo la fine dell’Unione Sovietica e del campo socialista dell’Europa dell’Est, hanno intensificato il saccheggio delle risorse naturali e lo sfruttamento dei lavoratori dei paesi sottosviluppati per garantire un super-profitto ai monopoli.
Come in Europa la BCE, così in America Latina le politiche del FMI, sono mascherate come aiuto finanziario ai governi dei paesi in crisi, crisi che sono frequentemente causate dal pagamento del debito estero, dalla corruzione amministrativa delle oligarchie governanti e dalle decisioni miranti a soddisfare le necessità di guadagno dei paesi centrali a detrimento delle economie nazionali con sempre maggior impoverimento delle classi subalterne.
Come in Europa, questi “aiuti” sono prestiti concessi con interessi elevatissimi quasi impagabili (vedi Grecia) e che soprattutto condizionano le politiche economiche e sociali dei paesi debitori, diminuendo così la sovranità nazionale per creare le condizioni politiche ed economiche favorevoli a liquidare gli Stati Nazione.
Queste politiche si concretizzano nelle seguenti misure:
Riduzione della spesa sociale, a discapito delle politiche di sostegno alle necessità della popolazione, per cui i più poveri sono quelli più colpiti in maniera drastica.
Libero commercio e predominio totale del mercato (controllato dai monopoli) come regolatore della società. Rincaro di tutti i prodotti e diminuzione del poter acquisto della popolazione.
Nel caso del costo dei crediti bancari, gli elevatissimi tassi di interesse diventano impagabili, così i crediti diventano una speculazione legalizzata che porta all’espropriazione di case, terre, aziende, tutte ipotecate come garanzia di pagamento.
L’imposizione delle così dette aperture economiche e Trattati di Libero Commercio (TLC) ha significato la liquidazione delle politiche protezionistiche dell’agricoltura, dell’industria e del lavoro dei paesi sottosviluppati. Questo, a sua volta, ha significato che con la riduzione o l’abolizione dei dazi per l’importazione dei prodotti dai paesi industrializzati, si distrugge l’agricoltura e l’industria dei paesi dipendenti che non sono in grado di competere in prezzo e qualità.
Si arriva così alla de-nazionalizzazione delle imprese che diventano di proprietà maggioritaria dei monopoli. Tutto ciò produce una disoccupazione crescente, mentre i paesi esportatori creano nuova occupazione, come la Germania in Europa.
Subordinazione delle Costituzioni e Leggi dei paesi vittima ai dettami di organismi sovranazionali, con progressiva distruzione degli Stati-Nazione.
Privatizzazione delle imprese pubbliche e di molti servizi di Stato dai trasporti, all’istruzione e alla sanità: quello che era un patrimonio del popolo, forgiato durante secoli di civiltà, è ora oggetto di appropriazione da parte dei monopoli imperialisti. E come se non bastasse ne consegue un rincaro di tutti i servizi, con ulteriore impoverimento delle classi lavoratrici.
Libero investimento straniero favorito dalla soppressione di ogni tipo di controllo e restrizione da parte dello Stato.
Riduzione dei salari reali e de-regolazione dei rapporti di lavoro. Cioè, strappare la stabilità e i diritti dei lavoratori, conquistati con grandi lotte durante il secolo XX, per ridurre gli stipendi e a beneficio del capitale imperialista.
Un altro metodo adottato dall’imperialismo tramite il FMI e la Banca Centrale per garantirsi l’applicazione delle sue politiche nel mondo, è la nomina di ex-presidenti ed ex ministri del Fisco, Finanze o Economia ad alte cariche di cosiddetti organismi multilaterali, come parte del pagamento della tangente per aver rinunciato alla sovranità nazionale e al patrimonio dei popoli a favore dei monopoli imperialisti.
Prosegue nel suo articolo l’economista Rafael Enciso “Tutta questa è la vera essenza delle politiche pubbliche che l'oligarchia venezuelana ed i monopoli imperialisti, rappresentati dalla candidatura di Capriles Radonski, applicherebbero in Venezuela nel negato caso che vincessero le elezioni presidenziali del prossimo 7 di ottobre. Il valoroso popolo del Venezuela, sotto la conduzione del suo Comandante Presidente Hugo Chávez, saprà ostacolarlo, per assicurare la continuità della rivoluzione bolivariana ed il suo approfondimento in direzione socialista.
Affinché le politiche pubbliche, concepite ed eseguite con visione bolivariana che hanno permesso – anche se con alcuni errori e deformazioni che è necessario superare-, di recuperare per lo sviluppo nazionale le risorse naturali e in primo luogo il petrolio e il gas; e le Missioni Sociali in salute, alimentazione, educazione, abitazione, produzione agricola ed industriale benefichino sempre più il popolo venezuelano e propizino il suo sviluppo integrale e la sua felicità; affinché si fortifichino la capacità produttiva, l'indipendenza e la sovranità del Venezuela.
E affinché i paesi dell’America Latina e del Caribe proseguano ogni giorno di più nella loro integrazione, su basi di eguaglianza, equità, complementarità e solidarietà.”
Fonti:
1) http://alexgiaco.blogspot.com/2012/02/elezioni-venezuela-henrique-capriles.html
17 Marzo 2012
Salutando una moltitudine radunata sotto Palazzo di Miraflores in dimostrazione di solidarietà, il Presidente del Venezuela, Hugo Chávez, ha affermato che l'unità del popolo è l’unica cosa che garantirà la pace nazionale.
"Si respira già la grande vittoria bolivariana del 7 ottobre", ha detto in riferimento alle prossime elezioni presidenziali davanti a migliaia di seguaci concentrati di fronte al balcone del popolo, a sostegno del mandatario che è arrivato ieri sera nel paese dopo avere compiuto per 21 giorni un processo di recupero medico per un'operazione sostenuta a L'Avana, Cuba.
Il capo di Stato ha espresso un ringraziamento speciale al vicepresidente esecutivo Elias Jaua e a tutto il gruppo ministeriale che è stato incaricato dei lavori governativi in questa nazione durante la sua assenza.
"Dopo il successo dell’intervento chirurgico di domenica 26 di febbraio, io ho l’impegno di vivere per continuare a costruire la patria buona, la patria bella", ha esposto.
Riferendosi ai recenti attacchi dell'opposizione contro alcuni ministri e leader del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), ha previsto che "alla destra daremo una bastonata memorabile."
Chávez reconoció que el amor y la unidad en el pueblo ha crecido y sobre esa base instó a neutralizar los reductos de odio atrincherados en algunos sectores nacionales opositores.
Enfatizó que el Gobierno trabaja para todos los venezolanos, especialmente los más necesitados.
Ha assicurato che "la bastonata che daremo alla destra venezuelana il giorno delle elezioni sarà la più grande che si sia data nella storia."
Chávez ha riconosciuto che l'amore e l'unità nel popolo sono cresciuti e su questa base ha sollecitato di neutralizzare le roccaforti dell'odio trincerate in alcuni settori nazionali dell'opposizione.
Ha enfatizzato che il Governo lavora per tutti i venezuelani, soprattutto i più bisognosi.
(da Prensa Latina)
La liberazione femminile e la lotta per il socialismo nella Repubblica Bolivariana del Venezuela
nuestra america“La donna è vitale nella costruzione della Patria Socialista. Le invito a continuare a combattere per la Patria Libera, continuino ad assumere il ruolo di avanguardia e salvino la patria con il loro amore, passione, intelligenza e acutezza”. (Hugo Chávez Frías)
11 marzo 2012, Redazione rivista NUESTRA AMERICA - Italia
Anche in Venezuela l’8 marzo si è festeggiato il Giorno Internazionale della Donna Lavoratrice che ha visto partecipare a Caracas migliaia di donne alla manifestazione - convocata dall’Istituto Nazionale della Donna (Inamujer) e dal Ministero del Potere Popolare per la Donna e l’Uguaglianza di Genere - che ha inondato con un corteo colorato, festoso e battagliero le vie del centro.
Alla marcia hanno partecipato anche le rappresentanti dei collettivi del Potere Popolare. Tra le invitate internazionali spiccava la presenza di Hebe de Bonafini, attivista argentina per i diritti umani e Presidente dell’Associazione delle Madri di Piazza di Maggio, e della guatemalteca Rigoberta Menchú, premio Nobel della Pace, che il giorno prima avevano partecipato alla Conferenza “La lotta dei popoli e la donna socialista nel secolo XXI” svoltasi presso il Teatro Municipale di Caracas.
I collettivi operai e sociali di vari stati del paese hanno approfittato della ricorrenza per consegnare ai rappresentanti del Governo un documento con le proposte, approvate dalle organizzazioni di base delle donne in tutto il paese, per la nuova Legge Organica del Lavoro - LOT che sarà promulgata il 1º maggio dal presidente Hugo Chávez .
Tra le proposte avanzate si parla di diritto di tutte le lavoratrici a un permesso remunerato per maternità di due mesi prima e di sei mesi dopo il parto; la richiesta della riduzione dell’orario di lavoro a sei ore; mentre le casalinghe organizzate propongono di includere nella nuova legge del lavoro il riconoscimento di due giorni di salario come un'indennità annuale a questo settore, che a loro giudizio apporta un 3% del PIL, e che questo bonus sia pagato a dicembre con le risorse provenienti dalle imprese private.
Ma la mobilitazione non finisce qui: nella prossima settimana si prevede la distribuzione capillare nelle stazioni della metropolitana della copia della Legge Organica sul Diritto delle Donna a una Vita Libera dalla Violenza. Si distribuiranno anche copie del libro “Mujeres en Revolución”, un’antologia di biografie di eroine popolari dell’epoca dell’indipendenza. Inoltre, in varie istituzioni, si svolgeranno seminari sulla prevenzione della violenza di genere e sul “machismo”.
In Venezuela, nel secolo scorso le donne hanno lottato duramente per la conquista dei diritti basilari, contro le dittature di Gómez, di Pérez Jiménez, nel 1944 per la prima volta hanno commemorato il Giorno Internazionale della Donna, nel 1947 hanno acquisito il Diritto di voto e hanno continuato a lottare nelle fabbriche, nei campi, nella lotta armata; sono riuscite a far approvare leggi a favore dei diritti delle donne, leggi che sono sempre rimaste lettera morta, perché nella realtà quotidiana predominava la discriminazione, la repressione e la esclusione propria del sistema capitalista e della IV Repubblica.
Come ricorda Blanca Romero, Membro del Buró Político del Partito Socialista Unito del Venezuela – PSUV, nel suo articolo sul Giorno Internazionale della Donna Lavoratrice, le donne venezuelane hanno sempre dovuto combattere contro la cultura maschilista e patriarcale, per cui la loro è sempre stata una lotta permanente che le ha portate a identificare la liberazione della donna con la lotta per una Società Socialista.
Solo con la Rivoluzione Bolivariana le lotte delle donne sono diventate realizzazioni concrete, grazie alla Costituzione Nazionale della Repubblica, approvata nel 1999, nella quale le donne ottengono la visibilità attraverso il linguaggio.
Anche Yadira Córdova, Vicepresidente per l'Area Sociale del Consiglio dei Ministri Rivoluzionari del Governo Bolivariano, in occasione del Giorno Internazionale della Donna Lavoratrice, sottolinea come la Costituzione Nazionale dia visibilità alla donna ed elimini il linguaggio sessista presente nella Carta Magna del 1961.
La Córdova che è anche Ministro dell’Istruzione Universitaria, ricorda che “grazie all’approvazione della nuova Costituzione Nazionale della Repubblica promossa dal Governo Bolivariano è iniziato un processo di partecipazione e inclusione delle cittadine venezuelane.”
L’articolo 88 della Costituzione, che afferma che “Lo Stato garantirà l’uguaglianza e l’equità di uomini e donne nell’esercizio del diritto al lavoro. Lo Stato riconoscerà il lavoro domestico come attività economica che crea valor aggiunto e produce ricchezza e benessere sociale”, è una piattaforma di lotta per costruire una società di uguaglianza e giustizia, ricorda la Romero che riconosce a Hugo Chávez Frías il ruolo avuto in tutte le immense realizzazioni conseguite a favore delle donne nell’istruzione, nella salute, nelle missioni, nei programmi.
Anche Luisa Estella Morales, Presidente del Tribunale Supremo di Giustizia - TSJ, nel suo intervento nella sessione speciale del Parlamento Latinoamericano (Parlatino) per il Giorno Internazionale della Donna Lavoratrice, afferma che i diritti della donna devono essere riconosciuti come un fatto politico, “la rivoluzione senza donne, non è una rivoluzione” e che in Venezuela inorgoglisce presentare leggi per proteggere la donna contro la violenza (Legge Organica sul Diritto delle Donna a una Vita Libera dalla Violenza), istituzioni per sviluppare gli studi sui suoi diritti per garantire il libero sviluppo della personalità.
Tutti questi progressi in materia legale sono di esempio per altri paesi latinoamericani che devono fare ancora parecchia strada in tal senso.
Un’altra realizzazione che caratterizza il Governo Rivoluzionario del presidente Hugo Chávez per Nora Castañeda, presidente della Banca dello Sviluppo della Donna (BanMujer), è l’inclusione delle donne nella costruzione del processo socialista e rivoluzionario. il Governo rivoluzionario in 12 anni ha restituito dignità alle donne in maniera ugualitaria ed equa.
Con la creazione di BanMujer, più di due milioni di donne in difficoltà sono riuscite a inserirsi con successo in tutti i settori socio produttivi, avendo avuto accesso a prestiti di micro credito a un tasso di interesse basso o addirittura, se facenti parte del programma Madri del Barrio, senza pagamento di interessi.
Anche per la Castañeda la Costituzione e la Legge Organica sono strumenti legali rivoluzionari che riconoscono i diritti sociali, politici e umani delle donne.
Elsa Gutiérrez Graffe, ministro del Poder Popular per il Trasporto Marittimo e aereo, ha ricordato a tutte le donne che l’8 marzo si commemorano tutte quelle eroine che hanno lottato durante la storia del Venezuela e la lotta della donna come essere sociale e non come oggetto che si possa mercificare.
La Graffe ha, inoltre, ringraziato il Presidente Hugo Chávez per essere colui che più si è impegnato a dare alle donne il posto che meritano, come esseri ugualitari e con gli stessi diritti e responsabilità degli uomini, e che è l’unico che ha inculcato nelle cittadine venezuelane valori e principi.
Marbelys Mavárez, giornalista e Professoressa Universitaria della UBV, afferma che “la Costituzione Nazionale della Repubblica Bolivariana del Venezuela ha legittimato nuove relazioni di potere, sulla base del principio dell’uguaglianza. Ha concesso diritti a parità di condizioni e opportunità. Ha offerto nuovi meccanismi per l’organizzazione e la partecipazione sociale e politica”.
Attualmente, continua la Mavárez, i meccanismi di partecipazione sono tanto importanti che in Venezuela dei cinque poteri pubblici tre sono diretti da donne: l’elettorale (Consiglio Nazionale Elettorale), il giudiziario (Tribunale Supremo di Giustizia) e il cittadino (Ministero Pubblico). Non solo, a livello governativo ben 12 Ministeri sono guidati da donne.
E’ per questo che nell’ambito del nuovo Stato Sociale, di Giustizia e di Diritto, è possibile che le cittadine e i cittadini, come le comunità, svolgano un ruolo attivo e di primo piano negli affari di Stato. Questa partecipazione crescente e attiva alla gestione pubblica non è fortuita o un capriccio del caso: in un modello socialista la donna deve assumere un ruolo attivo e da protagonista nella presa di decisioni.
Nel XXI secolo non si può immaginare un modello di società senza la presenza delle donne e non si può avere socialismo senza uguaglianza. Così sta accadendo in Venezuela e l’evidenza dei fatti parla da sola.
Certo per le donne italiane, abituate allo squallore della politica nostrana che nel passato governo ha portato alla ribalta di Consigli Regionali o sui più alti scranni della Camera dei Deputati, igieniste dentali, ex veline, ex soubrette, in quanto “amiche” personali del Presidente del Consiglio e non per loro intrinseche qualità; assuefatte alla mercificazione del corpo della donna da parte della pubblicità; impotenti davanti alla violenza, soprattutto domestica, esercitata sulle donne; colpite da una crisi occupazionale femminile cronica che ci relega negli ultimi posti, con un tasso di occupazione femminile al 46,8% e un tasso di disoccupazione al 9,6% (dati ISTAT a dicembre 2011); non può che far piacere e dare soddisfazione che nella giovane Repubblica Bolivariana del Venezuela le donne abbiano un ruolo e un potere riconosciuto e favorito dalla società, dai partiti e dalle più alte istituzioni politiche.
Ma dobbiamo ammettere che non tutti sono così interessati ad approfondire l’analisi delle nuove realtà che avanzano nel continente latinoamericano, e che molti più o meno inconsapevolmente, per ignoranza e disinformazione politica, si fanno influenzare dalle tesi americane sugli stati canaglia intesi come stati ostili agli USA.
E’ forse questo il caso del deputato del PD Giulio Santagata che ha addirittura presentato un'interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri italiano relativamente alla mostra fotografica “Risveglio Rivoluzionario. Il popolo contro il neoliberalismo”, organizzata dall’Ambasciata venezuelana in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Culturali di Roma Capitale e il Nuovo Cinema Aquila.
L'esposizione ricordava il “Caracazo”: la violenta rivolta popolare scoppiata il 27 febbraio 1989 contro l’allora presidente Carlos Andres Perez e gli accordi firmati con il Fondo monetario internazionale (e con questi l'imposizione di durissime misure di austerità che fecero esplodere il diffuso malessere sociale, cresciuto in un decennio di continuo deterioramento delle condizioni di vita soprattutto dei meno abbienti).
Chiede il deputato “se si ritenga opportuno celebrare un dittatore, condannato da tutte le Ong che si occupano di diritti civili, con una mostra ospitata a Roma”.
Vorremmo ricordare che Hugo Chávez governa il Venezuela perché la maggioranza del popolo venezuelano, condividendo e sostenendo le sue scelte di nazionalizzazione delle risorse energetiche e di rifiuto dei dettami del FMI, lo ha votato nelle numerose tornate elettorali e referendarie; e che il Venezuela fa parte di quella Comunità degli Stati Latino-Americani e Caraibici (Celac) disposti a cercare un’integrazione del continente, per liberarsi dell'influenza statunitense e delle interferenze dei paesi imperialisti.
Del resto siamo consapevoli che il 7 ottobre – giorno delle elezioni in Venezuela – si giocherà una partita importantissima per lo scacchiere internazionale, per cui la campagna elettorale non si svolgerà soltanto in Venezuela, ma troverà ampio spazio sul palcoscenico internazionale, dove siamo convinti non mancheranno colpi bassi e scorrettezze da parte di quelle forze reazionarie che sognano la caduta di Hugo Chavez e un ripristino di quelle stesse condizioni che 23 anni fa hanno portato al “Caracazo”.
Ma sappiamo bene che il popolo venezuelano sosterrà ancora una volta il suo presidente, dicendo al mondo che ha deciso di essere libero e sovrano e che mai più torneranno i lacchè dell'impero e dell'oligarchia.
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